Integrazione di zinco nella patogenesi da COVID-19, con un ruolo chiave nell’immunità degli anziani
Il Corona Virus Disease 2019 (COVID-19) è iniziato a Wuhan, la più grande città della provincia cinese di Hubei, nella seconda metà del 2019. L’infezione può portare alla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), e colpisce principalmente pazienti di età pari o superiore
a 60 anni. I dati epidemiologici hanno dimostrato che il tasso di mortalità aumenta sia con l’età che con la presenza di malattie sottostanti, particolarmente con ipertensione, malattie cardiovascolari,
diabete mellito, fumo e malattia polmonare ostruttiva cronica. L’invecchiamento è associato a una diminuzione dell’immunità adattativa e innata, e infezioni, cancro e malattie autoimmuni si verificano più frequentemente negli anziani; i cambiamenti legati all’età nella struttura e nella funzione del sistema immunitario che portano all’ immunosenescenza giocano un ruolo principe nelle alterate risposte. Un altro aspetto importante dell’invecchiamento è l’insorgenza di infiammazione, con
una elevata autoreattività, aumento dei livelli di citochine pro-infiammatorie circolanti (ad esempio TNF-a, IL-1 e IL-6) e infiammazione cronica di basso grado.
Recentemente, la Società Europea per la Nutrizione Clinica e il Metabolismo (ESPEN) ha pubblicato una guida per la gestione nutrizionale dei pazienti COVID-19, proponendo diverse raccomandazioni pratiche; richiede particolare attenzione, per l’identificazione del rischio, la malnutrizione in generale e nei pazienti ospedalizzati, evidenziando che l’integrazione nutrizionale potrebbe essere molto utile.
Le vitamine A, C, D, E, B2, B6 e B12, l’acido folico, il ferro, il selenio e lo zinco sono alcuni dei principali micronutrienti essenziali per una normale capacità di sviluppare una risposta immunitaria (immunocompetenza). Le carenze di micronutrienti sono un problema globale e possono predisporre un individuo a determinate infezioni. La funzione immunitaria può essere migliorata ripristinando i micronutrienti carenti a livelli appropriati, aumentando così la resistenza alle infezioni e supportando una guarigione più rapida quando infettati. La dieta da sola può essere insufficiente e potrebbe essere necessaria un’integrazione. Integrare la dieta con un’ampia gamma di micronutrienti selezionati, con una funzione immunitaria efficace, può aiutare a ottimizzare la funzione immunitaria e ridurre il rischio di infezione. Gli sforzi per combattere l’attuale scenario pandemico di COVID-19, per cui non esiste ancora un vaccino o un farmaco specifico, sono finalizzati a trovare il trattamento più efficace; non ci sono ancora evidenze scientifiche che dimostrano il ruolo di una terapia nutrizionale, ma gli specialisti stanno agendo intervenendo anche su questo fronte, cercando di trovare il miglior risultato clinico.
La carenza di zinco è molto comune, in particolare nella popolazione anziana, con delle difficoltà nella diagnosi per la mancanza di segni clinici e indicatori biochimici affidabili, nonché per l’assenza di un biomarcatore specifico. Una carenza di zinco moderata porta a delle alterazioni nell’espressione di vari geni correlati alla proliferazione, sopravvivenza e risposta delle cellule T; si traduce in un ridotto numero di tutte le cellule immunitarie e in loro disfunzioni.
Lo zinco ha un potere riequilibrante sul numero e sulle funzioni delle cellule immunitarie, azione che potrebbe essere molto utile per un supplemento alla terapia del COVID-19. È in grado di aumentare l’attività citotossica delle cellule NK, che sono in grado di attaccare le cellule che esibiscono proteine anomale o insolite sulla membrana plasmatica. Quando le cellule NK uccidono le cellule infette, i microrganismi all’interno vengono rilasciati e distrutti attraverso la fagocitosi dai neutrofili e dai macrofagi, che migrano verso le aree infette. Lo zinco agisce anche come agente antinfiammatorio, mantenendo la tolleranza immunitaria, in quanto induce lo sviluppo di cellule Treg e mitiga lo sviluppo di cellule pro-infiammatorie Th17 e Th9, oltre ad essere coinvolto nella produzione di anticorpi, in particolare IgG. Lo zinco è essenziale per preservare le barriere dei tessuti.
Disturbi nell’integrità degli epiteli respiratori facilitano l’ingresso del virus così come le co-infezione che possono portare a patogeni che entrano nel flusso sanguigno. L’integrazione di zinco migliora l’integrità polmonare anche quando si verificano danni indotti dalla ventilazione meccanica.
L’assunzione giornaliera raccomandata di zinco dipende da diversi fattori come età, sesso, peso e contenuto di fitato nella dieta. La Food and Nutrition Board / Dietary Reference Intakes (DRI) degli Stati Uniti raccomanda un’assunzione, nell’adulto, di 11 mg/giorno per gli uomini e 8 mg/giorno
per le donne. Tuttavia, oltre al ridotto apporto alimentare di zinco, alcuni fattori legati all’età, tra cui l’assorbimento intestinale, le interazioni farmacologiche, i processi subcellulari, possono causare delle alterazioni, per cui, la supplementazione dovrebbe essere valutata caso per caso. Comunque sia, un dosaggio di 20-40 mg/die, sembra essere sicuro ed efficace.
L’integrazione preventiva dovrebbe iniziare il prima possibile, poiché lo zinco è un’opzione economica, disponibile a livello globale e semplice da usare con effetti collaterali minimi o nulli, ma che può fare la differenza [1, 2].
Articolo tratto da:
- Wessels I, Rolles B, Rink L: The Potential Impact of Zinc Supplementation on COVID-19
Pathogenesis. Front Immunol 2020, 11:1712. - de Almeida Brasiel PG: The key role of zinc in elderly immunity: A possible approach in the
COVID-19 crisis. Clin Nutr ESPEN 2020, 38:65-66.
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